In quel periodo facevo teatro comico e commedia dell’arte, parlavo agli altri attraverso il mio corpo, lo trasformavo dando vita a creature fantastiche con le mie movenze, le mie espressioni. Mi emozionavo e……..VIVEVO.
Di colpo, tutto in una notte, un lancinante dolore ha iniziato ad avvolgere il mio corpo, non lasciandolo più, riducendolo a una carcassa senza forza, senza tono e cosa più brutta e terrificante non permettendomi più di vivere la mia vita come avrei voluto. Da allora sono passati ben 7 anni, in cui la sofferenza oltre a non trovare fine non veniva compresa da nessuno. Il mio dolore non era capito e soprattutto era molto sottovalutato.
Intanto, però, a causa di questo incompreso dolore, ho dovuto rinunciare al mio sogno, quello di recitare. Quella sofferenza mi ha portato a rivedere mio figlio solo dopo 20 giorni da quel lancinante dolore, perché rifiutavo l’idea che mi vedesse su una sedia a rotelle. Ho dovuto imparare a fingere di non soffrire per incoraggiare la mia famiglia.
Ero però cosciente del fatto che la mia vita non sarebbe stata più la stessa. Così inizia il mio calvario: ricoveri lunghissimi, terapie errate, viaggi della speranza -così li chiamavo- in ogni parte d’Italia in cerca di risposte che però non arrivavano.
Il mio corpo veniva minuziosamente controllato, ma nessuno mi diceva cosa avessi.
La sofferenza che avvolgeva il mio corpo era tanta, ma non quanto la delusione prima e la rabbia poi, quando sentivo dirmi che non avevo nulla, che sicuramente era la mia testa che non funzionava.
Quella stessa testa che tutti credevano fosse folle, invece, non si è mai arresa, è rimasta sempre forte, lucida e supportata dalla speranza, quella speranza di trovare la strada giusta.
Il Dolore mi ha tolto tanto, mi ha impedito di vivere come facevo prima, ma non è riuscito a togliermi la voglia di lottare per la vita e la speranza che prima o poi questo incubo potesse finire.
Nei momenti di fragilità e sconforto per fortuna veniva fuori la parte forte di me che mi faceva lottare. Quando tutto sembrava che fosse segnato e senza via d’uscita, mi viene indicato l’ambulatorio di Reumatologia dell’ospedale Sacco di Milano.
Sarebbe stato di nuovo un esperimento fallito. Mi avrebbero detto di nuovo che non sono sana di mente. Pensai ad un altro viaggio della speranza, ma come sempre forza e coraggio e partii per cercare la soluzione ai miei martiri quotidiani. E così a settembre del 2015 mi sono presentata a quella porta con tanta rabbia e paura di dover ricevere nuovamente una risposta che non sarebbe stata risolutiva.
Ma non è stato così. Finalmente il prof. Sarzi ha diagnosticato la mia malattia: sindrome fibromialgica.
Finalmente qualcuno aveva risposto a tutte le mie domande e chiarito i dubbi che in 7 anni avevano intasato la mia mente. Finalmente qualcuno mi aveva ascoltato, capito e sicuramente avrebbe iniziato ad aiutarmi.
In quell’ambulatorio ho conosciuto il mio “nemico”, adesso sapevo il suo nome e avrei potuto finalmente trovare il modo per affrontarlo e abbatterlo. Non mi sentivo più debole e indifesa, ma forte come un soldato, perché avevo capito che la mia sofferenza era vera, che non ero sola, che qualcuno finalmente mi capiva. Da lì ho scoperto che dietro il termine “Fibromialgia” c’è un universo da scoprire, un mondo di gente fatta come me, tanti compagni di avventura che lottano contro il dolore e contro tutte le sue conseguenze. E così conobbi AISF: un mondo fatto di gente come me, che soffre e lotta. Un gruppo di persone che si confronta e divulga le informazioni sulla malattia e le sue cure.
Vedendo quella realtà mi sono detta: “Io ho trovato la strada giusta che mi ha portato al posto giusto, non posso ignorarlo, non posso tenerlo per me, non posso permettere che altri che vivono nella sofferenza non conoscano il modo per curarsi”. Purtroppo nel mio territorio, la Sicilia, pochi o meglio nessuno conosce a fondo la fibromialgia, pochi o nessuno indicano la terapia corretta, pochi o nessuno ti comprendono e aiutano. I pazienti rimangono ignari di ciò che hanno e di come potrebbero curarlo.
Così decido di creare la sezione AISF di Bagheria-Palermo, la seconda in Sicilia (la prima è stata quella di Menfi), per portare la mia esperienza nella mia regione. Il mio obiettivo primario è quello di informare il personale sanitario, in modo da poter diagnosticare correttamente la fibromialgia.
La sezione nasce con la gioia di diversi fibromialgici, che non si sentono più soli, che non si sentono più incompresi, che non si sentono più abbandonati, e con la mia felicità nel vedere nei loro sguardi più fiducia, serenità, certezza e soprattutto più grinta.
L’unica cosa che posso fare, da fibromialgica che ha trovato la strada da percorrere, è cercare di alleviare un poco il dolore dei fibromialgici che incontro sulla mia strada.
La risposta a tutti i miei quesiti, che in sette anni sono rimasti inascoltati, oggi c’è, è arrivata e deve arrivare a tutti i fibromialgici della zona.
Il centro di Bagheria-Palermo deve essere un punto di riferimento, in modo da evitare che soffrano senza una cura. Il successo della nascita della sezione AISF Bagheria lo dedico a ognuno dei miei amici fibromialgici che si sono uniti a me in questo cammino. Ognuno di loro è parte integrante e importante di questo percorso, che sicuramente con impegno e buona volontà porterà a ottimi risultati. In particolare ringrazio le piccole Sofia e Nadia, due ragazzine splendide e tenerissime che mi danno ogni istante quella carica necessaria per andare avanti e avere la certezza che ciò per cui mi sto impegnando vale la pena di essere fatto.
Tutto questo è AISF, e come dico sempre io: “NULLA È PER CASO”.

Giusy Fabio