Le ragioni sono multiple, prima fra tutte la presenza di sintomi dolorosi cronici capaci di per sé di inibire le pulsioni di piacere. Non di meno l’astenia marcata, quella sensazione di stanchezza che si può espandere anche alla sfera intima e relazionale. Nella prima fase della malattia i problemi sessuali vengono spesso posti in secondo piano; l’attenzione è rivolta a gestire i sintomi, a trovare una diagnosi che spesso tarda ad arrivare, a trovare una terapia efficace. E anche chi sta accanto alla donna fibromialgica in questa prima fase si adatta ai problemi sessuali, con la speranza che tutto possa prima o poi tornare come prima. Con il passare del tempo però l’equilibrio diventa più precario e compare la rabbia anche per la compromissione del benessere intimo. È il momento in cui possono comparire o acuirsi problemi all’interno della relazione di coppia.
C’è anche una patologia ginecologica importante che con frequenza si associa alla fibromialgia; la vulvodinia. Si tratta di una sindrome dolorosa legata alla ipersensibilità dolorifica del vestibolo vulvare (l’ingresso della vagina). La vulvodinia rende la penetrazione dolorosa ed, in alcuni casi, impossibile. Come per la fibromialgia, anche per la vulvodinia, l’etiopatogenesi della malattia non è ancora ben chiara, ma molti ricercatori ne suggeriscono una genesi multifattoriale; questo spiega come uno o più trattamenti in combinazione tra loro non agiscono in modo uniforme in tutti i casi. È evocato sovente un approccio multidisciplinare. Il primo approccio comporta l’adeguato utilizzo di norme igienico-comportamentali (eliminazione di fattori irritanti a livello vulvare). Ma è un destino inevitabile che la donna affetta da fibromialgia debba vedere compromessa la sua vita sessuale? Di certo no. Importante è non sottovalutare i sintomi che colpiscono il piacere della sfera intima e consultare al più presto uno specialista sessuologo che saprà indirizzare la donna e la coppia alla soluzione del problema.
Questi gli approcci terapeutici di maggiore utilizzo
Preparati topici
- Anestetici locali (es. lidocaina)
- Estrogeni in crema
Farmaci che agiscono sui mediatori del dolore
- Antidepressivi triciclici (es. amitriptilina)
- Anticonvulsivanti (es. gabapentina, pregabalina)
- SSNRI (duloxetina,venflaxina)
Terapia riabilitativa della muscolatura del pavimento pelvico: specifiche tecniche di fisioterapia e biofeedback possono essere utili in pazienti che evidenziano anomalie elettromiografiche dei muscoli del pavimento pelvico
Infiltrazioni sottomucose di sterodi associati ad anestetici locali
Elettrostimolazione (TENS): la Tens si è dimostrata utile come tecnica riequilibratrice dell’alterazione iperestesica dell’innervazione vestibolare Chirurgia: tra tutte le tecniche chirurgiche proposte, la vestibulectomia si è dimostata essere la più efficace, con un tasso di successo variabile dal 60 al 95%. La selezione delle pazienti è molto importante e determina il successo della procedura
L’utilizzo di dilatatori vaginali
Psicoterapia: poichè convivere con il dolore genitale cronico ha conseguenze di tipo psicosessuale, una terapia di supporto psicosessuologica deve essere presa in considerazione per alcune donne
Roberto Bernorio – Ginecologo, Psicoterapeuta, Sessuologo clinico