Intervista a Egidio Riva Vicepresidente AISF ONLUS, a Gianniantonio Cassisi, componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione AISF ONLUS e referente medico della sezione di Belluno e al remautologo Alberto Batticciotto, componente del Consiglio Direttivo. «Il primo passo è lavorare per l’informazione, l’educazione e il confronto con le istituzioni e il mondo scientifico».

La SF in Italia mette in ginocchio circa 1 milione e mezzo di persone. La principale difficoltà è giungere alla diagnosi. In un recente studio Veneto patronato da AISF ONLUS il ritardo diagnostico è stato stimato fino ai 3 anni.
Per il trattamento di questa malattia, detta “orfana”, mancano centri di riferimento e difficili ed incerte risultano le cure sia farmacologiche che non, dato che non esiste farmaco o una cura efficace per questa sindrome.

La non completa conoscenza dei meccanismi alla base dello sviluppo della SF e la modesta efficacia dei trattamenti contro il dolore cronico, rendono la strategia terapeutica una continua sfida per il clinico che deve “cucire” una strategia multidisciplinare fatta di farmaci, approccio psicologico e fisioterapico personalizzata per ogni singolo paziente.

E’ problematico il rapporto tra il malato e le istituzioni, i datori di lavoro e le commissioni di invalidità perché la malattia viene troppo spesso “liquidata” come un capriccio personale, un’invenzione o a volte un tentativo di “imbroglio”.

Si chiama Sindrome Fibromialgica (SF) e ancora oggi è definita una malattia “orfana”, vale a dire è priva di un riconoscimento ufficiale dalla sanità pubblica e senza farmaci dedicati ufficialmente approvati dall’ente italiano per il farmaco, l’Aifa, malgrado il riconoscimento dell’Organizzazione mondiale della sanità e la catalogazione ufficiale sull’“International Classification of Diseases”.

Contro questa malattia, che mette in ginocchio circa 1 milione e mezzo di italiani, si batte dal 2005 l’AISF ONLUS, l’Associazione italiana sindrome fibromialgica, una realtà atipica e aperta alla partecipazione di pazienti, medici e sostenitori. La sua mission non solo è quella di rendere possibile un adeguato approccio diagnostico, terapeutico e assistenziale alle persone affette da SF, offrendo informazioni per conoscere e gestirla al meglio per migliorare le condizioni di vita di tutti i pazienti, ma è anche quella di far conoscere questa malattia al personale sanitario, che spesso non conosce o sottovaluta il problema.


Vicepresidente Egidio Riva, AISF ONLUS in che modo è in prima fila nella lotta contro la Sindrome Fibromialgica?

«La SF non è ancora riconosciuta dalla sanità pubblica in Italia. Allo stato attuale questa associazione ha collaborato alla stesura di un Ddl depositato al Senato della Repubblica in attesa di esame ed ha ottenuto l’approvazione di mozioni di riconoscimento dai Consigli Regionali in Lombardia, Toscana e Aosta. Ulteriori azioni a livello regionale sono in corso presso gli Assessorati di Piemonte, Veneto e Marche».

Quanti volontari e medici sostengolo la causa di AISF ONLUS?

«L’associazione è sostenuta dalla collaborazione di 15 sezioni regionali a carattere locale presso le quali operano in prima fila un referente medico e due referenti dei pazienti volontari nonché mediamente 30-40 associati. La sede, presso l’Uoc di Reumatologia del Polo Universitario “L. Sacco” a Milano, vede impegnata un’equipe di reumatologi e psicologi con l’organizzazione centrale del Consiglio Direttivo e dell’Ufficio di Presidenza».

Quali sono i progetti che la vedono coinvolta oggi e quali saranno i prossimi?

«AISF ONLUS è costantemente impegnata all’aggiornamento delle novità scientifiche e delle attività della sede e delle sezioni attraverso il sito web www.sindromefibromialgica.it, l’house organ “Il Caleidoscopio” a cadenza semestrale, un opuscolo informativo dedicato ai pazienti e un “manuale” dedicato alla comunità medico-scientifica e ai pazienti. L’impegno prossimo futuro è concentrato su tutte le azioni esterne ed istituzionali indirizzate all’estensione della conoscenza e del riconoscimento della SF».

Dottor Gianniantonio Cassisi, quante sono oggi le persone affette dalla sindrome fibromialgica?

«Non è possibile definire con certezza il numero di malati di fibromialgia in Italia, perché non esiste uno studio epidemiologico adeguato; ciò nonostante una recente revisione di tutta la letteratura mondiale fissa la prevalenza della sindrome fibromialgica al 2.7% della popolazione mondiale: il 4.2% delle donne ed il 1.3% degli uomini con un rapporto maschi-femmine di 1:3. La media europea si attesta intorno al 2.5%, quella americana al 3.1. A fronte di questi dati potremmo dedurre che in Italia la patologia dovrebbe essere attesa in almeno 1 milione e mezzo di soggetti».

Quali sono le difficoltà che incontrano oggi i pazienti colpiti da questa sindrome?

«La principale difficoltà è sicuramente giungere alla diagnosi, in quanto la conoscenza della malattia e le capacità diagnostiche non sono ancora patrimonio sufficientemente diffuso nella classe medica, anche in quella che si interessa di dolore cronico muscolo-scheletrico. In un recente studio Veneto patrocinato da AISF il ritardo diagnostico è stato stimato fino ai 3 anni. Oltre quindi alla mancanza di centri di riferimento, sicuramente difficili ed incerte risultano le cure sia farmacologiche che non farmacologiche, dato che non esiste farmaco o una cura efficace per questa sindrome. Infine altrettanto problematico è il rapporto del malato con le istituzioni, i datori di lavoro, le commissioni di invalidità perché la malattia viene troppo spesso “liquidata” come un capriccio personale, un’invenzione o a volte un tentativo di “imbroglio”».

E allora cosa sarebbe necessario fare?

«E’ indispensabile che tutti gli enti Ministero della Salute, regioni, aziende e le associazioni, che hanno a cuore la salute dei malati, comprendano che il primo passo per migliorare la situazione è lavorare per l’informazione e l’educazione. Senza queste, a nulla possono valere campagne, anche meritorie, per il malato “senza nome”. Affermare in un documento ufficiale che la fibromialgia esiste, vuol dire aprire le porte verso un nuovo atteggiamento a favore del malato e delle sue sofferenze, un confronto utile a migliorare la presa in carico del paziente da parte del sistema sanitario nazionale, per la diagnosi e le cure opportune, finanche all’inserimento della fibromialgia nell’elenco delle malattie croniche e invalidanti, riconosciuto dallo Stato».

Questo percorso virtuoso come potrebbe essere attuato?

«Potrebbe essere facilmente attuato con iniziative ad hoc, per una spesa contenuta, sicuramente minore di quella che il sistema sanitario nazionale sostiene per esami diagnostici i più disparati, che i nostri malati eseguono alla ricerca di una risposta alle loro sofferenze, spesso inutili oltreché costosi».

Si può guarire dalla sindrome fibromialgica?

«Nella maggior parte dei casi la fibromialgia può essere curata, anche se il termine “guarigione”, cioè la scomparsa totale dei sintomi, non si affianca bene ad una malattia per definizione cronica. Ciò non vuol dire che il malato non possa raggiungere una situazione di benessere soddisfacente, grazie in parte ai farmaci, in parte alle cure fisiche o complementari, in parte alle tecniche che aiutano a prendere coscienza della malattia, migliorando il proprio comportamento. Esistono forme molto severe ed altamente inva-
lidanti, come esistono forme, soprattutto quelle di recente insorgenza, che possono rispondere molto bene ai trattamenti, fino ad uno stato simile alla guarigione. Ciò che è veramente importante nel percorso di cura è però che siano chiari fin dall’inizio gli obbiettivi ragionevolmente praticabili verso i quali devono dirigersi massimamente gli sforzi di malato e curante per ottenere il miglior risultato possibile».

Infine Dr. Alberto Batticciotto, a che punto è oggi la ricerca scientifica circa la cura della SF?

«La non completa conoscenza dei meccanismi alla base dello sviluppo della sindrome fibromialgica e la modesta efficacia dei farmaci usualmente utilizzati nel trattamento del dolore cronico, rendono, ad oggi, la strategia terapeutica di questa malattia una continua sfida per il clinico che deve cucire una strategia multidisciplinare fatta di farmaci, approccio psicologico e fisioterapico personalizzata per ogni singolo paziente. Nessun farmaco è attualmente approvato in Europa con indicazione specifica per la SF, per tali ragioni è indispensabile una continua ricerca farmacologica e clinica sia per testare l’utilità di farmaci già esistenti sia per elaborare nuove e specifiche molecole maggiormente efficaci e tollerabili dai pazienti. All’ultima verifica del sito istituzionale americano che raccoglie tutti gli studi clinici ufficiali, effettuata a Ottobre 2014, ben 106 trial dedicati specificamente alla terapia della SF, di cui 19 in Europa, risultano in corso nel mondo a riprova dell’interesse della comunità scientifica globale».