Da sempre si ritiene che la sindrome fibromialgica sia una sindrome al femminile, e che il sesso maschile sia trascurabile rispetto alla preponderanza femminile. Ma chi è esperto della materia e vede i pazienti si rende conto che la quota maschile è significativa e almeno un 10-15% della popolazione affetta da fibromialgia è di sesso maschile. Infatti nel 2010 i criteri diagnostici sono cambiati per questo motivo, abbiamo tolto i tender points (che esprimevano la dolorabilità alla digitopressione, molto più facile da evocare nel sesso femminile) e abbiamo definito un doppio punteggio: quello delle aree in cui il paziente sente dolore e un indice di severità degli altri sintomi, dando alla somma dei due punteggi l’imprimatur diagnostico. In questo modo il cambiamento più repentino è stato proprio quello della prevalenza maschile, che è di colpo aumentata.
Ma la differenza dei sessi esprime un differente quadro clinico? Ossia nei maschi dobbiamo riflettere su aspetti clinici diversi da quelli del sesso femminile?
La letteratura è sorprendentemente povera di dati in questo senso; la maggior parte dei lavori non sono prospettici, ma ci danno solo un’idea di quello che accade in studi trasversali che valutano la malattia in un solo momento. Larga parte degli studi osserva modificazione della percezione del dolore, della resilienza, della stanchezza e delle comorbidità psichiatriche ma raramente si ragiona sulle differenze di sesso.
Pochi studi hanno esaminato le differenze dei sintomi basati sul sesso nella popolazione fibromialgica e i dati riscontrati sono controversi e non conclusivi. In alcuni lavori i pazienti di sesso maschile presentano sintomi peggiori e una prognosi complessiva peggiore; in altri non sussistono differenze; in altri ancora la prognosi appare peggiore nei pazienti di sesso femminile. Queste discrepanze possono essere correlate a eterogeneità sociodemografica e geografica, a errori metodologici negli studi osservazionali che non hanno controllato eventuali fattori confondenti, oppure alla mancanza di strumenti validati per discriminare tra le misure di outcomes nei diversi sessi.
In un lavoro recentemente sottoposto per pubblicazione abbiamo confrontato i dati clinici di una popolazione di più di 2500 pazienti osservandone le differenze in relazione al sesso maschile o femminile, sulla base dei dati raccolti dal Registro Italiano per la Sindrome Fibromialgica.
In questo lavoro, le donne la facevano da padrone con circa il 90% di popolazione registrata di sesso femminile. I test che esprimono la qualità di vita complessiva erano significativamente più elevati tra le donne, indicando una maggiore severità complessiva della patologia. Tuttavia, in termini di items individuali del FIQR, è interessante notare che non si sono osservate differenze significative tra maschi e femmine sui sintomi di ansia e depressione.
I nostri risultati confermano che le donne affette da FM sono globalmente più compromesse dalla malattia e pertanto si rinforza l’idea che il sesso (e pertanto l’assetto ormonale) giochi un ruolo importante nei sintomi e nella disabilità funzionale associate a questa sindrome.
Un nuovo lavoro ha sostanzialmente confermato la significativa associazione tra i tender points e il sesso femminile. Ciò ancora una volta conferma che la dolorabilità alla digitopressione è più rilevante nel sesso femminile e, se utilizzata come strumento diagnostico, incrementa grandemente la prevalenza di fibromialgia nel sesso femminile.
Esistono poi alcuni sintomi che sono tipicamente maschili; recentemente abbiamo segnalato un incremento di interessamento doloroso vescicale e prostatico nei pazienti fibromialgici di sesso maschile, in relazione ai parametri dei test di valutazione di maggiore severità clinica complessiva.
Alcuni studi hanno confrontato i domini della funzionalità sessuale dei pazienti di sesso femminile e maschile. Un elevato numero di pazienti di sesso femminile riportava una ridotta libido e riferiva che la loro vita sessuale era grandemente ridotta a causa del dolore cronico. I maschi, sorprendentemente, riportavano una insoddisfazione sessuale maggiore delle pazienti di sesso femminile. Inoltre, si segnalano maggiori disfunzioni orgasmiche nel sesso femminile e maggiori disfunzioni coitali (meno rapporti sessuali) anche nel sesso maschile rispetto ai gruppi di controllo. Esiste infine una stretta correlazione tra disturbi sessuali e severità dei sintomi psicoaffettivi (ansia e depressione).
In conclusione, è importante non escludere la possibilità di sindrome fibromialgica nel sesso maschile, che copre un 10-15% della popolazione fibromialgica complessiva. Il paziente di sesso maschile presenta una qualità di vita compromessa quanto le pazienti di sesso femminile con aspetti psicologici rilevanti e spesso difficoltà nella normale vita sociale, lavorativa e sessuale. La mia impressione clinica è che il paziente fibromialgico maschile tenda ad avere maggiori difficoltà ad accettare questa sindrome ma soprattutto ad affrontare il problema delle cause, dei traumi subiti, della bassa resilienza e della gestione dei sintomi. È probabile che l’atteggiamento del medico nei confronti dei pazienti di sesso maschile debba essere diverso e più attento alle problematiche specifiche che il paziente riferisce.

Piercarlo Sarzi Puttini

Presidente AISF ODV


Bibliografia

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