Il Congresso dell’ AISF di quest’anno sarà dedicato al rapporto tra la persona fibromialgica e il proprio ambiente. Se noi prendiamo la definizione di ambiente su wikipedia, questa riporta semplicemente che “L’ambiente è la situazione, l’”intorno” in cui e/o con cui un elemento, fisico o virtuale, si rapporta e si relaziona”.

A tutti gli effetti l’ambiente è la nostra vita perché non dobbiamo mai dimenticare che il concetto di noi stessi, l’autostima, il coraggio di vivere e di fare scelte appropriate dipende fondamentalmente dal nostro modo di interagire con l’ambiente. L’ambiente ci condiziona prima nella famiglia di origine, poi nelle amicizie e nelle scelte esterne all’ambiente familiare ed infine, nell’età adulta nell’ambiente lavorativo e nella eventuale famiglia che ci formiamo. Per la persona fibromialgica emergono nella storia clinica costantemente grandi difficoltà nell’adattamento alle varie situazioni ambientali. In qualche modo, l’ansia che caratterizza spesso il profilo personologico del fibromialgico è definita come la difficoltà costante all’adattamento a nuove situazioni. Inoltre il precipitare dei sintomi multiformi e la graduale difficoltà nell’essere ancora attivi rende la persona fibromialgica ancora più disperata e spesso nella loro storia ci raccontano di quanto vorrebbero fare ed interagire con l’ambiente intorno a loro e di quanto tutto sia così difficile e lontano dai propri obiettivi di vita. Ecco perché è così importante l’educazione del paziente alla malattia; infatti il primo messaggio che cerchiamo di condividere con il paziente è quello dell’adattamento graduale al proprio ambiente in relazione alle energie fisiche e psichiche che il paziente ha a disposizione.

Ma spesso è l’ambiente che allontana e isola il paziente: incomprensioni in ambiente familiare, mobbing nell’ambiente lavorativo, difficoltà o incredulità delle persone che ci circondano a comprendere tale malattia sono all’ordine del giorno; la persona fibromialgica si sente incompresa e, nei soggetti più fragili, si osserva una graduale chiusura verso il mondo esterno e una comunicazione anche con le persone vicine che passa solo attraverso il proprio dolore, i propri sintomi con la rassegnazione di chi pensa di non venirne più fuori.

La “gabbia” fibromialgica è quanto di più pericoloso ci sia nella prognosi del paziente; rendere l’ambiente più sereno e più in linea con le esigenze del paziente è una responsabilità di tutti, del proprio nucleo familiare, dei datori e dei colleghi di lavoro, degli amici: senza il sostegno dell’ ambiente, il paziente fibromialgico è destinato ad un naufragio sociale che la terapia multidisciplinare può solo scalfire.