Sommario
- La consapevolezza nell’esperienza del dolore
- …rimettiamoci in cammino nella selva oscura
- Fibromialgia: gestire la patologia e trattarla agendo con l’alimentazione e lo stile di vita!
- Uno studio sugli effetti analgesici della cannabis terapeutica in pazienti con dolore cronico da fibromialgia
- I test che potrebbero diagnosticare la fibromialgia
- Trovata forse l’analisi del sangue capace di diagnosticare la sindrome da affaticamento cronico
- L’inquinamento atmosferico influisce sull’umore?
- Il gesto gatto-mucca
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Editoriale
Una cosa è certa: non esiste una dieta che inviti a mangiare dolci. Nemmeno quella del dottor Garritano di cui pubblichiamo un articolo perché abbiamo voluto offrire uno sguardo su quelle diete che alcune persone fibromialgiche adottano e che, sostengono, le fa stare bene. Personalmente sono sempre molto scettica rispetto ai regimi alimentari che tolgono nutrienti e poi prescrivono integratori ma è certo che se qualcuno è, per esempio, intollerante al glutine senza saperlo (intolleranza, badate, qui non si parla di allergie), potrebbe trarre giovamento da una dieta temporanea (o eterna) di questo tipo.
Continuiamo a monitorare le evoluzioni dei test del sangue, allo studio soprattutto in USA, per trovare un esame obiettivo che attesti la presenza della fibromialgia non unicamente sulla base di valori soggettivi. Per questo ci siamo aggiornate sul test FM/a (di cui già parlammo in un vecchio numero) e su un altro di cui non sapevamo. E già che c’eravamo, abbiamo affrontato la questione del test anche per quel che riguarda la sindrome da stanchezza cronica, così strettamente imparentata (almeno per i sintomi) alla nostra cara fibro, e gli incoraggianti sviluppi della ricerca per la CFS ci suggeriscono una moderata speranza.
E poi tante altre cose, non ultime le istruzioni per continuare a praticare semplici esercizi yoga con movimenti che possono provocare solo un sopportabile dolore ma che, in compenso, ci faranno stare molto meglio dopo. In questo numero la nostra amica Ombretta ci insegna di nuovo un movimento che abbiamo fatto sin da quando andavamo a scuola. Questa volta però si tratta di praticarlo con consapevolezza e attenzione, aggiungendo il controllo della respirazione e l’attenzione precisa alle istruzioni. Forza!
Prima di concludere l’editoriale con riferimenti alla cronaca, lasciatemi ringraziare pubblicamente Gabriella Mosca che, 45 anni dopo esserci incontrate sui banchi del liceo, si prodiga per la nostra rivista nell’ “italianizzazione” di qualche articolo tradotto dall’inglese. Pensate che è socia sostenitrice e non è neppure fibromialgica. Ringrazio anche il mio compagno che ogni due mesi mi aiuta a imbustare le riviste e attaccare le etichette, tempo rubato alla fine settimana, cioè alle uniche trentasei ore che trascorriamo assieme. Nemmeno lui è fibromialgico. E’ fibromialgico invece Matteo, il caro fibrografo di questo numero. Anche a lui va la mia gratitudine per aiutarmi a districare la scottante questione delle etichette degli indirizzi e delle persone che, essendo ancora socie, hanno diritto alla rivista. Una questione che non siamo in grado di gestire bene in assenza di un sistema funzionante sul sito.
Infine, l’articolo sulla cannabis del dott. Caggia. Proprio nel momento in cui mi appresto a chiudere la rivista per passarla all’impaginatore (Flavio, anch’egli un amico che fa questa impegnativa attività per due soldi, proprio due, e a volte anche gratis), si parla di cannabis più che mai a causa della sentenza della Cassazione che rende reato vendere la cosiddetta cannabis light, ovvero leggera. Premesso che, come sosteniamo sempre, c’è ben poca corrispondenza tra la cannabis terapeutica (per ottenere la quale a carico del SSN molti di noi si battono) e la cannabis per uso ludico, questa sentenza rivela un’ignoranza a dir poco spettacolare. Cito parole da un’intervista della dott.ssa Federica Pollastro (1 giugno 2019, La Repubblica), fitochimica del Dipartimento di Scienze del farmaco di Novara, che alla domanda “Che effetti ha il thc a concentrazioni fino a 0,5% (cioè quella che si può vendere nei negozi)?”, risponde: “Non
intossicanti, quindi non psicoattivi. (La marijuana che si compra per strada) ha thc al 20% e oltre, cioè 100 volte in più della light. E’ in quel caso che ci sono effetti psicoattivi”. Continua il giornalista: “Nella cannabis light c’è concentrazione di cbd anche del 20-30%. Che effetti ha?”. Risposta: “Si tratta di un principio attivo legale, senza effetti intossicanti. Agisce sul recettore della serotonina, quindi è un ansiolitico, antiansia, analgesico e poi toglie la nausea”. Sono convinta che tutto questo straparlare a vanvera dei principi attivi della cannabis e dei loro effetti nuoccia anche alla causa della cannabis terapeutica: rischiamo di passare da depresse incapaci di gestire lo stress a drogate?
Lancerò una petizione per chiudere le enoteche e le tabaccherie.